X-Mary - X-Mary al circo - CD
Luca Carboni e Darby Crash incontrano i Minutemen a casa di Toquihno. Terzo album, registrato dal magistrale Fabio Magistrali.
X-Mary are crazy. 3rd album, 14 tx in italian, no comments!
Tracklist:01. Mohamed Sahara
02. Giacomino il re del circo
03. Ildebrando
04. Røsumada
05. Fatima (santo part-time)
06. If You Give My Love
07. La sera dopo il raccolto
08. Carlo Martello Magno
09. Parce que je pense à toi
10. Manuale di corteggiamento
11. L'amico dell'amico
12. Derby Crash
13. Marco ti amo
14. Motorino
Released by Smartz, Wallace, Basura, Be Here, Donnabavosa, I Dischi di Plastica, Escape from Today, Marinaio Gaio, Rebel Kid, Tafuzzy. Brani composti, arrangiati ed eseguiti dagli X-Mary. Cristio: melodie, armonie, ansimi, tromba marocchina, fornelli. LL Cool F: chitarre, tastiere, fiati, cori. LL Cool D: basso, cori, lamento del Muezzin, fornelli, fucile ad aria compressa. Monsieur Le Cat: batteria, drum machine, percussioni, cori, petardi. Special guest: Stefano El Guiro: congas e percussioni; il piccolo coro della Bovera. Registrato 23/26 ottobre 2007 al PhicoPhonic Studio, Giussago PV e alla Cascina Bovera da Fabio “Gagisto” Magistrali. Mixato 29/31 ottobre alla Cascina Bovera da Gagisto e X-Mary. Masterizzato 12 novembre 2007 al Bips Studio, Milano, da Maurizio “Paradiso” Giannotti. Disegni originali di Dem: www.flickr.com/photos/dem666. Grafica, impaginazione e layout di Mirko Spino.
SM039 - CD 2008 -
Audiodrome
«Sinergie tra le label - indicate nella zona apposita - per pubblicare il nuovo disco degli X-Mary. Prodotto da Fabio Magistrali (uno degli eroi “nascosti” della musica italiana, come Parish o Donadello per dirne due) e dall’unione di ben dieci case discografiche. In ogni caso, prescindendo dai risultati, è un altro segnale di come si possa reagire alla situazione del mercato e per questo da encomiare. Follia nel metodo o metodo nella follia? Sì, la frase “giusta” è la seconda, ma per questo X-Mary Al Circo vanno bene entrambe, perché è follia incanalata in energia musicale quella che contraddistingue il gruppo in questione, accanto a sarcasmo, influenze musicali variegate e i Minutemen nel cuore. È anche questa poliritmia di influenze e di input folli che però rischia di disperdere le buone intenzioni e intuizioni, come talvolta accade. Rispetto ai precedenti Day Hospital e A Tavola Con Il Principe, il numero di canzoni si è ridotto e in ogni caso si tratta di lavoro degno di attenzione. Intrico di terzomondismo non fine a se stesso, folk paesano, pulsazioni wave , calci hardcore nello stomaco, satira religiosa, politica e adolescenziale, tutto trova posto nel tendone allestito dal quartetto di San Colombano al Lambro. Tra gli spettatori si registrano il divertimento tra il cazzeggio e l’impegnato di chi ascolta, un Luca Carboni fiero di essere stato ritratto mai così se stesso come in “Marco Ti Amo”, che
quasi lo si vede applaudire con affettuosa ironia. Ma ad assistere c’è anche tutta la nostra società, messa alla berlina in “Giacomino Il Re Del Circo” e “Fatima (Santo Part-Time)”, più un Darby Crash che sicuramente andrebbe fiero di “Derby Crash”. Anche solo per il titolo. Certo, manca un guizzo, quel qualcosa che renda il disco memorabile. Nonostante questo ci si avvicina comunque al centro, il che rende piacevole e interessante pagare il biglietto e aspettare che lo show abbia inizio.» (Gianpaolo Cristofaro)
Blow Up «Un disco dei lodigiani è come la scatola di cioccolatini di Forrest Gump: non si sa mai cosa ti può capitare. O meglio, sai già che ti capita di tutto, in quanto a soluzioni opposte fra loro, contrastanti per sentieri piuttosto che per mood: quello che si mantiene sempre bello carico, a partire dalla carioca santana Mohamed Sahara, per continuare col Carosone meets Gaber di Giacomino il re del circo, parecchi intermezzi su di giri, reminiscenze del Bennato che fu e ruralità ruspante. Gli sberleffi del circo X-Mary sono il corrispettivo sonoro di un tredicenne sveglio che tira petardi e pensa male delle compagne di scuola: che fossero mostruosamente eclettici si sapeva, dei concerti esplosivi a fianco dei Camillas ci è stato detto. Chissà cosa devono inventarsi di più per raggiungere una considerazione vicina ad essere definita “di massa”… sempre che l’attuale “massa” possa essere vista come un traguardo umanamente appetibile. (7)» (Enrico Veronese)
Il Tirreno «Era molto atteso il nuovo album degli X-Mary. Da chi? Ma è ovvio, da chiunque aveva potuto apprezzare il precedente lavoro del quartetto lombardo, lo strepitoso “A tavola con il principe”, una raccolta di gioielli pop e prova di grande eclettismo. Non delude le attese questo “X-Mary al circo”, che fin dal primo ascolto conferma una delle principali qualità della band, ovvero la padronanza di una grande varietà di linguaggi e il coraggio di osare dove altri non osano. Schegge hardcore, pop malinconico, surf-rock, samba: senza rinnegare i propri ascolti, neppure quelli di cui spesso ci si vergogna, i quattro realizzano un frullato tenuto assieme dal collante dell'ironia, quella arguta dei testi. E allora non è tanto il gioco di andare a trovare nomi e generi di riferimento che conta, piuttosto ci si entusiasma per l'intelligenza del progetto nel suo complesso, lasciandosi andare a un ascolto dalle molte soddisfazioni. Peccato soltanto per l'avarizia del minutaggio (15 brani in meno di mezz'ora di musica): alla fine se ne vorrebbe ancora. Ma a ben vedere la concisione, quand'è pregnante, non è per forza un difetto.» (Guido Siliotto)
Kathodik «Giunti al fatidico terzo disco gli X-Mary continuano con la loro innocente sfrontatezza a fare semplicemente quello che gli pare senza nessuna linea da seguire, se non libertà ed il puro cazzeggio. Se vogliamo cercare un filo conduttore in questo cd lo troviamo in un funky giocoso e allegrotto che struttura buona parte di questi brani (Rusumada, L’amico dell’amico, Motorino, e qualche altra). Dicevamo che non hanno molte coordinate, quindi poi il quartetto da sfogo a degli spazzi di violentissimo e represso hardcore, purtroppo breve, vedi Derby Crash e Ildebrando o alla patchnka di Carlo Martello Magno. If you give my love ha l’acidità del rock che poi si inerpica verso un sound che si trova a metà strada tra gli Ac/Dc e certi assoli epici. Non mancano poi gli omaggi alla vita contadina con tonalità battistiane (La sera dopo il raccolto) o momenti più intimi e cantautoriali (Parce que je pense a toi e Marco ti amo). In soli 26 minuti gli X-Mary hanno dimostrato di avere moltissime potenzialità.» (Vittorio Lannutti)
Mescalina «“Per niente facili, così poco allineati” cantava Ivano Fossati. Altro che waves, rock agitato, sperimentazione e annessi e connessi; i Lodigiani X-Mary fanno baldoria sventolando i brandelli della convenzionalità, della classificazione dovuta, quella che si cerca sempre di apportare, per suggerire e tracciare un’abbozzo di “guida al consumatore” a ponteggio tra il chi fa suono e il chi mette i propri orecchi a disposizione. “X-Mary Al Circo”, 14 slim-takes free style indisciplinate, è il loro quarto album che, per chi non li conoscesse, potrebbe scambiarlo per uno sfogo di acne e polluzioni soniche di liceali “bigiosi e fanculisti” che giocano all’”Arancia Meccanica” con strumenti trovati per strada. Tutt’altro! I quattro “ragazzacci” in questione sono cuochi che creano piatti naif sguaiatamente squisiti e ad effetto con pochi ingredienti e autentica creatività. Un Girmi tritatutto musicale (rumori inclusi) che dalla musica ad ampio spettro ha imparato a non porsi alcun limite, né sonoro né verbale. Con “X-Mary al Circo” incettano in un unico cerchietto di plastica le diverse anime ribelli del loro sound bakuniano, realizzando un obliquo greatest hits di 14 deliri zigrinati che a prima botta fanno storcere la bocca, alla seconda te li “ciancichi” come gustosi chupa chupa alla cola. Un disco indie che più indie non ce n’é, imbastito di una carica che assetta innocenza perduta, adoscenzialità “maggiorenni” e quel fool che impacchetta il tutto come una sfilza di catramina alla Andrea (Paz) Pazienza. Estraendo a caso da questo “terrible” musical box, saltano fuori tutte le verità: il samba arapao (“Mohammed sahara”), la marcetta alla Paolo Rossi (“Giacomino il re del circo”), il minuto e cinquanta secondi complessivi di sberci lerci punk-core pigiati di (“Ildenbrando”, “Carlo Martello Magno”, “Manuale di corteggiamento”, “Derby Crash” e la ghost track, monumento al doppio pedale). Ma ci sono altre ottime stravaganze a corona di questo opus scriteriatum made in San Colombano al Lambro: lo S-funk rock (“Rusumada”), il beat dolorante d’amore (“Parce que je pense a’toi”) e una leccata dolciastra che mette nuova brillantina a un già unto Luca Carboni (“Marco Ti Amo”). Un disco che fa strage di sensi non sense, di tempi e quadrature; una poetica indie-urban off dell’off che anche se cerchi di sgrullarla di dosso come un capello sul maglione, prima o poi ti ritrovi a ri-fischiettarla in momenti impensabili. Un disco che prima bistratti per poi innamorartene parzialmente, un cirque du musique dalla pista fuori cerchio, che al terzo giro di stereo potresti scriverci su con un pencil X-Mary X Sempre!» (Massimo Sannella)
Mucchio Selvaggio «Prodotto da una cordata di dieci etichette – precedente interessante visto il clima di recessione che si respira nell’indie italiano, soluzione già utilizzata in passato ma mai con numeri così estesi – il nuovo disco degli X-Mary possiede, come i precedenti del resto, il coraggio che manca, dispiace dirlo, alla gran parte dei gruppi che si aggirano per la Penisola attualmente. In parte perché, molto semplicemente, gli viene naturale così, e l’incoscienza (relativa) è forse l’arma migliore che hanno nelle loro mani. Non manca qualche scivolata, inevitabile visto l’eclettismo cialtronesco e un senso dell’intrattenimento innato ma non sempre totalmente addomesticato. Un talento che però va al di là della semplice demenzialità, solo apparente a dire il vero, di alcuni spunti. L’originaria matrice hardcore-punk è ancora una volta presente in alcuni episodi (“Carlo Martello Magno”, “Derby Crash”, titolo geniale), ma sono naturalmente le trovate italo-trash (“Parce que je pense à toi”, “Marco ti amo”, omaggi stravolti e naif a Luca Carboni), i falsi etnici (“Mohamed Sahara”, quasi la parodia di un incontro tra i Tinariwen e gli Os Mutantes), i tropicalismi rurali tra Battisti e Fossati (“La sera dopo il raccolto”) e il tema circense e politicamente scorretto di “Giacomino re del circo” a fare la differenza in questo delirio organizzato ma non troppo, di certo funzionale all’espressione di una creatività che si mantiene autentica come poche altre cose sentite in questi mesi.» (Alessandro Besselva)
Nerds attack «A giudicare dalle influenze presenti nel lavoro degli X-Mary, loro le hanno prese proprio tutte. Da quella più comune, che si cura a suon di spremuta e aspirina, passando per le varie influenze aviarie, la temutissima SARS, fino ad arrivare a quello strano tipo di febbre che impazzava negli anni ’70: quella del Sabato sera. Insomma, ce n’è per tutti i gusti. E come la succitata malattia virale, anche gli X-Mary sono altamente contagiosi, fortunatamente senza causare grossi danni alla salute. Difficile rimanere indifferenti all’ascolto di questo 'X-Mary Al Circo', i cui 14 brani spaziano dal funk, all’indie rock, alla bossanova, all’hardcore e chi più ne ha più ne metta. Si va dall’intro etno funk di 'Mohamed Sahara', passando per la circense e felliniana 'Giacomino Il Re Del Circo', alla quale seguono i dodici secondi di furia hardcore di 'Ildebrando', e fino alla fine il percorso degli X-Mary in questo disco si destreggia tra musiche e tematiche diverse, ma con un’unica carateristica comune: la demenzialità. Forse può risultare difficile avvicinarsi a un prodotto del genere, eppure vi assicuro che ne vale la pena. A collaborare alla produzione del disco collaborano numerose etichette indipendenti italiane (Basura, Be Here, I Dischi Di Plastica, Donnabavosa, Escape From Today, Marinaio Gaio, Rebel Kid, Smartz, Tafuzzy).» (Emanuele Avvistati)
Onda alternativa «Gli X-Mary sembrano ottimi musicisti e si sente. Passano attraversando diversi generi. funky, bossanova, hardcore spietato, alternative e pop scemo, ma è questo il fulcro di questo disco? Neanche da lontano. Mi hanno fatto molto ridere le influenze citate dal gruppo scovate tra la “stampa specializzata”, una presentazione furbetta e ironica che già lascia assaggiare la forza esilarante degli “X-Mary al circo” ma la questione intera è molto meglio. "Carlo fratello magno" spicca fra quei pezzi molto corti che in realtà non sono poi quella trovata geniale che sembra; voglio dire, un verso in più non avrebbe aggiunto sicuramente più senso o avrebbe facilitato la comprensione del pezzo, ma sicuramente avrebbe evitato quella sensazione di coitus interruptus che tra l'altro interrompe il disco. Perché dico questo? Perché c’è una fascia massimo hardcore in questo disco che nella sua squadra raccoglie egregi membri come il suddetto “Carletto Magno”, “Manuale di corteggiamento”, “derby crash” e il suo fuzz (sono due cose distinte?) e “Ildebrando”, ordinaria e geniale veloce follia che purtroppo fa in tempo a colpirti ma svanisce prima che tu possa
rendertene conto. L'altra fascia è il pop trash reso ai massimi livelli (qui “L'amico dell'amico” è l'emblema, insieme a “Marco ti amo” che con l'effetto vento sul finire è una delle cose più geniali che ho sentito nella mia ultima settimana e poi...mon dieu, “Parce que je pense à toi”!!) grazie alla quale riesci a ridere di gusto e a rimanere ottimista, nonostante si comprenda che in realtà, di merda cosi c’è gente in giro che la fa seriamente. Il tutto subito scavalcato dalle parentesi “funk-tecnicizzanti” alla "se fossimo i red hot chili peppers ci suicideremmo" alimentate da tendenze semi-etniche stereotipate; di ciò citiamo “Motorino” (tra l'altro unica parola del testo), e “Mohammed Sahara”. l resto, non è noia. A parte trattiamo “Giacomino re del circo”, tradotto in “Giacomino pezzo re dell'album” insieme alla quasi seria “If you give my love”, condimenti essenziali per una minestra ben servita. Questi X-Mary sono bravi a raccontare, bravi con l'ironia, bravi anche coi titoli. Hanno il vantaggio di essere unici, oltre ad essere gli unici a sembrare cosi idioti e a fare un disco cosi divertente. Il guaio è capire se lo facciano apposta. Perchè fossi in loro riderei tanto in bocca al recensore sfigato che tenta di ricostruire le loro piste irrazionali (pensate, io le ho ricostruite in fasce!!). Forse sono semplicemente fatte a caso. Chissà, forse questo è il futuro della comicità musicale, fare un disco di concetto, forse elaborato o forse no, ma sicuramente stiloso. Insomma, l’unico guaio qua in mezzo è che bisogna conoscere questi X-Mary e concepire un minimo l'universo musicale per non prenderli per imbecilli qualsiasi, per il resto, centro perfetto.» (Doriana DeMarco)
Ondarock «Un po’ di retorica. Un normale gruppo rock, composto cioè da quattro elementi (basso, batteria, chitarra, voce), dopo essersi fatto le ossa alle feste paesane e con i demo autoprodotti, arriva al traguardo del promettente esordio (“Day Hospital”), quindi dopo l’album della maturità (“A Tavola Con Il Principe”), si trova di fronte alla prove del difficile terzo album, “X-Mary Al Circo” appunto. Ma se i percorsi sono normali, gli X-Mary non lo sono di certo e neanche un’ipotetica ansia da prestazione potrebbe frenarli. In questa terza uscita, il quartetto di San Colombano al Lambro continua a regalarci spericolate discese libere sulle ripide vie di un’innocenza perduta, imbarazzante ma contagiosa, copiosamente riversata in coloratissimi affreschi di adolescenza vissuta, gastronomia ossessiva (lo strepitoso anthem funk-rock “Rüsümada”), terzomondismo da balera (“Mohammed Sahara”), strabismi storici (“Carlo Martello Magno”) e anticlericalismo naif (“Fatima (Santo part-time)”). E il Circo, con la sua verace goliardia da quattro soldi, non può che essere l’unica cornice possibile per tutto questo, così “Giacomino il re del circo” con le sue tastierine sceme e il crescendo da banda furibonda è estasi e vertigine che riempie la pancia e si pianta nel cervello. Ma non basta, è impossibile non parlare dei numeri più indie-rock, come la progressione schitarrosa di “If You Give My Love, If You Keep My Love” o la credibilmente sofferta “Parce que je pense a' toi”, del riconciliante inno contadinesco “La sera del raccolto”, che pare arrangiata da Tullio De Piscopo, e del singolo “L’amico dell’amico”, luccicanze wave su cassa dritta e steroidi, ennesimo squarcio brutale sul lato più oscuro dell’adolescenza. Adolescenza che viene scoperchiata definitivamente in “Marco ti amo”, un Luca Carboni quattordicenne che canta di dolore, del più autentico, di quello che non scade in stucchevoli estetismi da poseurismo indie per farsi disarmo assoluto che sa parlare direttamente allo stomaco e farlo lacrimare. Anche se la durata dell’album si accorcia, la band non ha intenzione di farsi mancare niente, ed è così che gli arrangiamenti si affinano e si arricchiscono di molteplici sfaccettature, le fulminee eiaculazioni hardcore si fanno sempre più memorabili e assurde, e il piatto abbonda ancora una volta perché questa è una musica che si tiene insieme grazie al pane e ad esso ritorna.» (Federico Savini e Andrea De Pellegrin)
Rockit «Si definiscono come un "Gruppo di Culto-solo-demo-in-cassetta", ma a intervistarli viene fuori che gli X-Mary non sono esattamente quei cazzoni che, ascoltando la musica, ti verrebbe da pensare. Semplicemente non si inquadrano in nessun genere preciso, ma saltano come grilli dal pop più trash che ci sia all'hardcore meno convenzionale che si possa immaginare. E non a caso si affidano alle sapienti mani di Fabio Magistrali, responsabile per l'ennesima volta di un miracolo sonoro su cui in pochi avrebbero scommesso. D'altronde sono gli stessi X-Mary a cantare, a modo loro, di miracoli in "Fatima (Santo part-time)", una bossanova dove ridicolizzano magnificamente - come già fatto in passato ad esempio con "Papa Voitila" - l'universo religioso di matrice cattolica; vi basti infatti il verso iniziale in cui cantano: "Ho trovato lavoro, lavoro con la Fede", per capirne le intenzioni. Non, quindi, invettive al vetriolo, ma un'ironia strisciante che segna l'intera opera, ricchissima di canzoni non-sense come "Resumada", "Parce que je pense a tòi" piuttosto che "Motorino" o "Carlo Martello Magno", quest'ultima un vero e proprio assalto speed-core da 17" (!!!) in cui viene riassunto l'evento chiave nella vita del re merovingio. Ma non si tratta certo dell'unico episodio dove la band scende sotto il minuto, perché in altre 5 occasioni si registrano performance simili - senza contare che mai si superano i 4' di durata. Un po'come dire che basta veramente poco per dimostrare come sia possibile fare musica interessante senza per forza dover "allungare il brodo". A loro modo, quindi, geniali e sicuramente unici nel panorama indipendente italiano, tanto da ottenere il supporto di ben 10 etichette per questo nuovo disco. Seguiamo il loro esempio e non spendiamo altre parole, se non per consigliarvi l'ascolto anche di "A tavola con il principe", ad oggi il capolavoro della band a cui questo "X-Mary al circo" segue a ruota.» (Faustiko)
Rocklab «Mica facile recensire un disco degli X-Mary. Particolarmente se si tratta di questo nuovissimo 'X-Mary Al Circo': se li prendi troppo sul serio finisci per fare la figura dell’idiota, se li prendi eccessivamente sottogamba il risultato è esattamente lo stesso. La cosa importante è accogliere il nuovo lavoro della band lombarda con lo stesso spirito che lo regna: con leggerezza ed allegria e semplicemente col piacere di ascoltare qualcosa di divertente e imprevedibile. Il fenomeno per cui gli X-Mary colpiscono il bersaglio è quello per cui, anche dopo un paio di ascolti distratti e veloci, ti ritrovi a canticchiare le loro canzoni mentre cammini per strada. Nonostante la loro semplicità rime e note si attaccano alla mente con una facilità disarmante, proprio come succedeva già nei loro vecchi lavori (vedi alla voce Ospedale
Maggiore o Zucca). A queste filastrocche che vanno dalla marcia gioiosa di Giacomino il re del circo fino agli echi new-wave di Parce que je pense a toi (e già questi tentativi definitori mi portano a prendere gli X-Mary troppo sul serio) si alternano poi piccole esplosioni hard-core da pochi secondi che vanno a cospargere questo album di sciolina facilitandone ancora maggiormente l’ascolto. Pop, punk, rock, funky, world music, semplicemente la musica diventa oggetto degli scherzi degli X-Mary, un gruppo che si diverte e diverte senza bisogno di tanti discorsi.» (Daniele Guasco)
Rockon «L’Italia. San Colombano al Lambro. Gli X-Mary. Il pop. L’amore. La poesia. Il punk. Il sole ci bacia sulla bocca. Il profumo della terra. E ancora il pop. E ancora l’amore. L’incrocio naturale. Le consuetudini beate della musica italiana che continua ad esistere, che continua a vivere, che resiste. La storia si ripete. Il pop e le sue sfumature, i suoi colori, vivaci, sbiaditi. L’arcobaleno dell’amore. Gli X-Mary e il miracolo nostrano. L’apparizione dei quattro angeli lombardi. Gli X-Mary al terzo centro, il terzo botto, “X-Mary Al Circo”. A un anno e mezzo di distanza dal precedente, clamoroso, “A Tavola con Il Principe”, riecco il quartetto, sempre vivo, sempre ingordo, sempre rombante, camaleontico. “X-Mary Al Circo”, quattordici brani, ventisei minuti, l’arte diventa attuale, contemporanea. Solo ed esclusivamente pop, elegante, nostalgico, dolcissimo, ironico. “X-Mary Al Circo”, una lunga, lunghissima lista di etichette discografiche (dieci in tutto) cui è affidata la pubblicazione del disco, qualche sfuriata punk-hardcore (“Ildebrando”, “Derby Crash”, “Manuale di corteggiamento”), una serie di strumenti tutti nuovi (tastiere, trombe, congas, drum machine) e una manciata di novità così nere (vedi “Mohamed Sahara”), così danzerecce (vedi “L’amico dell’amico”). Poi è il trionfo dell’amore (“Marco ti amo”), il trionfo della poesia (“Parce que je pense à toi”), il trionfo dei controsensi (“Giacomino il Re del Circo” e “Fatima (Santo part-time)”). Gli X-Mary del 2008, sullo sfondo un megaposter di Luca Carboni (“Marco ti amo") e una piccola foto impolverata di Colin Newman. “X-Mary Al Circo”, il terzo colpo e nessuna sbavatura. “X-Mary Al Circo”, un album completo, perfetto, preciso, semplicemente italiano. Gli X-Mary e il terzo successo. E come diciotto mesi fa, cala il silenzio. Tutti in piedi. Ancora una volta, chapeau.» (Francesco Diodati)
Sands zine «Curioso come due dei gruppi più ‘scemi’ del panorama italico (per loro più o meno ammissione: siamo scemi / mangiamo sassi / siamo sassi / mangiamo scemi, cantano dei R.U.N.I. particolarmente balbuzienti nell’incipit di “Fula Fula Fular”), tornino con dei nuovi lavori entrambi dedicati all’immaginario circense. Che la loro sia una musica acrobatica è fuor di discussione, così come entrambe le band sembrano vivere all’interno di universi personalissimi (come un libro di Jodoroswky tanto per intenderci), alle prese con situazioni di ordinaria amministrazione ma analizzate da un punto di vista inedito (i R.U.N.I.) oppure con situazioni improbabili e personaggi fuori dal comune (gli X-Mary). C’è una ragione per cui aspettavamo con tanta ansia un qualsiasi nuovo segno di vita da parte dei R.U.N.I., e basta ascoltare “Fula fula fular” per rendersene conto: un disco favoloso, il passaggio ad uno stato superiore nella (d)evoluzione sonora, fatta di girandole di canzoni geniali, spastiche nella musica come nei testi (La marcia della merce marcia, Se vuoi essere un bassista, la sociologica Eppure mi cambio le mutande tutti i giorni) e un suono perfetto nel lanciarli a tutta forza verso nuovi orizzonti in musica (si ascoltino le cavalcate trans-spaziali finali di Cacca malata e Ti piace l’upupa?). Nient’altro da dire se non: capolavoro! Se i R.U.N.I. si dichiarano scemi ma tanto noi sappiamo essere molto più intelligenti della media, sugli X-Mary ho invece qualche dubbio, dato che fanno di tutto per mostrarsi sempre più cazzoni, così cazzoni che il loro precedente disco l’ho inserito nella mia playlist 2006 come miglior disco pop-rock. Con il nuovo disco le cose non cambiano di un pelo e per essere giusto dovrei trascrivere le parole che il buon Nicola Mazzocca (Tottemo Godzilla Riders / Kilppa Klokka) spende nella press-sheet che accompagna il lancio di “X-Mary al Circo” (eccetto per il fatto che io gli X-Mary non li conosco né mi preme conoscerli). Ma visto che richiederebbe più fatica trascrivere il papiello di Mazzocca, aggiungo qualcosa di mio: se le cose al mondo girassero nel verso giusto (ma noi sappiamo di no) “X-Mary al circo” dovrebbe bissare il successo di “A Tavola con il principe” (da poco ristampato dalla Wallace, alla cui recensione del sottoscritto vi rimando, se siete interessati) e procurare alla band di San Colombano un numero di nuovi adepti pari almeno al vecchio. Certo, Mohamed Sahara, se inserita nella colonna sonora de “L’Allenatore del pallone 2” (ci sarebbe stata benissimo), avrebbe sortito probabilmente il suo effetto di diffusione di massa: un vero e proprio inno, proprio come Giacomino il re del circo, giusta introduzione al circo X-Mary, in realtà una sarabanda pop-rock tra gli schizzati punk di Ildebrando, Carlo Martello Magno e Manuale di corteggiamento, le sudamericane Rusumada e Fatima (Santo part-time), il pop spagnoleggiante di Parce que je pense a toi e quello sanremese di Marco ti amo, la wave di L’amico dell’amico e il funk di La sera dopo il raccolto e Motorino e i soliti testi fuori di testa. Manca un’ultima cosa da dire: oltre a scrivere canzoni geniali, R.U.N.I. e X-Mary sono musicisti coi controcazzi.» (Alfredo Rastelli)
Sentire ascoltare «Questo disco passa rapido come uno stormo di retropensieri neri e ridanciani. Come le dieci (!) etichette che lo spalleggiano (Basura, Be Here, Dischi di Plastica, Donnabavosa, Escape from Today, Marinaio Gaio, Rebel Kid, Smartz, Tafuzzy, Wallace Records). Come i nomes de plume di questi ragazzi, maschere sempre diverse, in sfrenato mutamento: stavolta si fanno chiamare Cristiano Cristiana, Lo Sposo, Bocca Mai Stanca e Il Piccolo Lord. Sono gli X-Mary, folletti freak-rock versatili e pungenti, surreali e spietati, poetici e feroci. Sfornano il terzo lavoro ancora sotto la benedizione produttiva di Fabio Magistrali e lo capisci subito per la brusca ed essenziale pienezza del suono, ceffone festoso dalle conseguenze brucianti e vivaddio. I quattro lombardi scelgono di restringere il calibro per guadagnare in penetrazione, "soltanto" quattordici le tracce (più una fugace ghost track) ossia una decina in meno del solito, ventisei minuti in totale, durante i quali la sarabanda si consuma trafelata e impetuosa, un bel bacio al santino Minutemen - sempre siano lodati - e via col cabaret. Con le sagome, i caratteri, quei paradigmi ebbracidi scanzonati, turgidi, travolgenti, lame che saettano a sbuzzare allegorie garrule e minacciose, tipo l'acre follia post-felliniana di Giacomino il re del circo o una Fatima che sbriglia bossa beffarda in derapage boogie rammentando un Paolo Zanardi solo più lunatico. Eppoi, al solito, il rasoterra quotidiano che ti esplode come una lancinante presa di coscienza culturale/corporale, quando le tradizioni sono assieme conforto e condanna e ti squarciano i compartimenti stagni tra globale e locale: vedi come una ipercalorica Rusumada diventa funk psych impetuoso e cialtrone, o come La sera dopo il raccolto sembri dei Janes Addiction ammorbiditi a tequila.Non mancano i fulminei ragli hardcore noise e le scorribande punk-folk, consueto intercalare nel linguaggio dei Nostri, che un po' di sgarberie in scaletta ci stanno sempre bene. Meno consuetudine invece nel dance-rock tutto sibili siderali, basso turgido e chitarre effettate di L'amico dell'amico (con la micropsicosi horror di quel "micio... vieni!" nel finale), nella torcida tribal desert funk di Mohamed Sahara, nel crossover sgranato tra fantasmi dub di Motorino e soprattutto in quella Marco ti amo che compie svampita caricatura Luca Carboni tra brume spacey e turgida rockeria da stadio. Non che ci stupisca l'imprevedibilità, negli X-Mary, il cui inafferrabile, fiero e impetuoso dilettantismo è anzi garanzia di non-convenzionalità. Anzi: di libera, garrula, minacciosa rivalsa.» (Stefano Solventi)
Sodapop «Tornano i nostri eroi da San Colombano Al Lambro e ci regalano un viaggio al circo, a Fatima e in qualche altro posto dove si può trovare un bel po' di umanità andata a male: la parola demenziale non basta, qui bisognerebbe ammettere onestamente che questi qui esagerano tanto che ci azzeccano... Le macchiette e i personaggi in X-Mary Al Circo escono fuori da tutte le parti e mi ricordano i miei viaggi in autobus per andare in ufficio. La ricetta (per fortuna) è sempre la stessa: ironia, ritmi ballabili, intermezzi con scariche grind-hc, punk, plagi nonsense di Carboni... A X-Mary Al Circo manca qualche hit fenomenale come in A Tavola Con Il Principe, che però si disperdeva troppo con le sue ventiquattro canzoni: qui invece il disco è più breve, e nonostante qualche pezzone (Fatima, La Sera Dopo Il Raccolto, Marco Ti Amo) non si trovano delle nuove Le Tre Bellezze Della Vita o Ospedale Maggiore; poco male, visto che in realtà ascoltare un disco degli X-Mary non vale mai come vederli dal vivo, dove il repertorio comprende sempre tutte le hit e le capacità musicali e la simpatia escono fuori davvero al massimo.» (Emiliano Grigis)