Smartz Records
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Smartz releases
Bob Corn - We don't need the outside - 12" LP
Bob Corn - We don't need the outside
Bob Corn è Tiziano di Fooltribe Records con la sua chitarra acustica. E questo è un disco bellissimo.
Bob Corn is Tiziano of Fooltribe Records with his acoustic guitar. And this is a fantastic record.
Tracklist:

A1. Cold and gold
A2. The hottest autumn ever
A3. Rose of my past
A4. Reds between blacks
A5. My sweet, we're bright
B1. Peace in the storm
B2. Come to me
B3. With you
B4. Everything but nothing
B5. Wearing wings
Released by Smartz, MadcapCollective, Boringmachines, HereIstay. Bob Corn sings and plays acoustic guitar. All other instruments you can hear on this record are played by: Ahlie_Elektrolochmann, Federico Giorgio Paolo_ThreeInOneGentlemanSuit, Lorenzo_Milaus, Marco_Sex Offenders Seek Salvation, Andrea Francesca Jenny_Comaneci, Fabio_Musica da cucina. All songs by Bob Corn except "Cold and gold" (by Bob Corn and Ahlie Shaubel) and "With you" (by Valentina_Majirelle). Recorded and mixed by Lorenzo Monti @ Phicophonic, Giussago (Pavia) in august/september 2007.
SM037 - 12" LP 2007 - SOLD OUT

Reviews

Beatiful freaks
«Il disco di Bob Corn tocca l’anima e il cuore. È vero si tratta semplicemente di una chitarra lievemente pizzicata, di note appena accennate, di un primitivismo musicale. Ma quella voce sottomessa, quegli accordi umili riportano a galla una valanga di tradizione letteraria e musicale. Si legano indissolubilmente alla nostra terra, alla nostra storia, allo stesso tempo, così arcaica ed effimera come i lamenti di Bob. Penso a Whitman, alla Dickinson, a Twain, a un fiume carico di sentimenti umani che si disperde in un oceano immenso. Dopo Sad Punk And Pasta For Breakfast, splendido dischetto di sette tracce, minimale e scheletrico, il cantautore italiano aggiunge solo qualche suono qua e là alle sue canzoni. Come la fisarmonica di Everything But Nothing, una chitarra riverberata e un tamburo nell’incantevole Reds Between Blacks, i fiati in Come To Me. Certo, l’ombra di Will Ohldam si proietta su ogni pezzo, e sarebbe una mia gioia personale far incontrare i due per la registrazione di un disco a due mani. Immerso nel mondo della musica indipendente italiana, Bob Corn chiama alle armi membri dei Comaneci, Milaus, Three In One Gentleman Suite, Sex Offenders Seek Salvation, Elektrolochmann e Fabio-Musica Da Cucina. Ognuno ha dato il proprio contributo a un’opera eterna e fragile insieme.» (Tommaso Floris)
Cantiere sonoro
«Uno splendido disco indie-folk italiano. Tiziano Sgarbi, in arte Bob Corn è una persona d’altri tempi. Viene dalla campagna modenese e le sue canzoni sanno tutte di quella terra, fatta di salumi e vino buono. Canzoni semplici come un pranzo tra amici e una domenica mattina. Bob ci sa fare e questo disco ne è la dimostrazione. Chitarra folk, una voce profonda e un paio di amici che lo accompagnano in questo viaggio. We don’t need the outside è un disco che trasmette emozioni e ti fa stare bene come solo pochi sanno fare. We don’t need the outside dovrebbe essere ascoltato da tutti quando tornano a casa la sera dopo una giornata passata tra un impegno e l’altro. Brani come “the hottest autumn ever” o “my sweet, we’re bright” ti fanno sentire tutta l’allegria che questo omino di altri tempi ti sa trasmettere e ti rendono davvero felice. Altri brani come “rose of my past”, “with you” o “everithing but nothing” ti fanno fermare un attimo e ti fanno pensare a tutto quello che di più caro ai attorno. Insomma We don’t need the outside è un disco completo, che ti trasporta da un sentimento all’altro. Questo è un disco che tutto dovrebbero avere. Davvero consigliato!» (Zet)
Circuito sonoro
«Capita alle volte (fortunatamente) di trovarti difronte ad un artista che riesce ancora a spiazzarti per la sua sincerità, per la sua genuinità. Ed è quello che mi capita ogni qual volta mi trovo di fronte Bob Corn. Anche oggi, grazie al suo ultimo lavoro “We don’t need the outside”, dieci tracce emozionanti, sincere. 30 minuti che ti portano a sognare, che forse qualcosa può cambiare, che riporta in alto il senso dell’appartenersi, speranze, calore. Bob Corn, lui, la sua chitarra acustica e la sua voce calda e delicata accompagnato per l’occasione dalla splendida voce di Ahlie Shaubel e da numerosi amici provenienti da diverse formazioni indie tra cui Three In One Gentleman Suit, Milaus, Sex Offenders Seek Salvation, Comaneci, Musica da Cucina. Formazioni che per altro trovano posto nel catalogo Fooltribe, la gloriosa etichetta portata avanti dallo stesso Bob. Rispetto! Insomma un album da avere e da ascoltare continuamente magari seduti ad un tavolo, illuminati dalla luce di una candela e con un buon bicchiere di vino.» ()
Hate tv
«La meraviglia, di questi tempi, è un oggetto raro, da conservare con cura e parsimonia, da ricercare con passione e tenacia. Quando la meraviglia arriva per grazia ricevuta allora muta in miracolo, e non possiamo che gioirne disarmati. Non sono più capace di imparzialità quando parlo di Bob Corn. Troppe volte l’ho visto dal vivo strimpellare quella chitarra rossa, battere il piede per tenere il tempo, chiudere gli occhi trasportato da se stesso in un mondo tutto personale, mentre la barba sobbalza e la testa dondola. Nasceva il mio amore definitivo durante una serata in cui Bob Corn, ignaro di ogni cosa, sfregava le corde in punta di dita e vociava timide parole al microfono. Non chiedetemi una critica, quindi. Non posso. Al terzo disco Bob Corn – o, se volete, chiamatelo Tizio – arriva a quel miracolo tanto atteso. Le canzoni parlano sempre d’amore corrisposto oppure negato, raggiunto o soltanto sospirato (reds between blacks è un gioiello), ma non è questo il punto. Il punto è che non puoi più riferirti a Tizio semplicemente citando Will Oldham, i Sodastream, Bright Eyes, Eliott Smith o che dir si voglia, ma devi parlare di Tizio come di Bob Corn, renderlo nella mente per quello che è diventato: un cantautore. Non chiedetemi di parlare del disco, ma ascoltatelo e gioite. Lasciatevi cullare e poi commuovere e sorridere, perché è quanto di meglio possiate fare in questa stagione balzana e influenzale. Se avete un camino accendetelo. Se avete dei genitori abbracciateli. Se siete innamorati chiudete gli occhi e lasciatevi scivolare nel sonno. La meraviglia diventa miracolo quando al banchetto, dopo un concerto, dalle sue mani compro questo gioiello in vinile. Il miracolo commuove quando dalle casse, per la prima volta, esce la vece di Bob Corn circondata dai fruscii della puntina che scorre sul nero e sul pulviscolo. Poi la commozione si muta in gioia, quando alla quinta traccia sono costretto ad alzarmi, sollevare coperchio e puntina, cambiare lato e premere di nuovo play. E gioirne. Disarmato.» ()
Kathodik
«Suona musica semplice, fatta di linee melodiche essenziali tratteggiate con una chitarra acustica. Canta di “persone ed amore”. Ama definire il genere entro cui si collocano le sue composizioni – chissà perché - “sad punk” e tra i suoi ammiratori può vantare nientemeno che Mike Watt, bassista della cult band americana Minutemen. Tutto questo (ed altro ancora) è Bob Corn, all'anagrafe Tiziano Sgarbi, songwriter dalla vena malinconica ed essenziale, nella cui musica riecheggiano le dolci meditazioni di gente come Leonard Cohen, Will Oldam e Sam Beam. Ascoltare, per credere, tracce come The Hottest Autumn Ever, Rose Of My Past, My Sweet, We're Bright, Come To Me, With You (scritta da Valentina Majirelle), Everything But Nothing e Wearing Wings, che di certo non aggiungono nulla di nuovo all'attuale scena country/folk internazionale, ma posseggono una grazia ed una sincerità disarmanti. Tanto che, quando il disco è finito, si ha voglia di premere “play” di nuovo...» (Marco Loprete)
Mucchio Selvaggio
«È un dato di fatto ormai acquisito che Bob Corn, al secolo Tiziano “Tizio” Sgarbi, sia uno dei personaggi più – meritatamente – rispettati della scena underground tricolore, tanto come promoter quanto come discografico e musicista. Un’ulteriore dimostrazione? Il fatto che questa sua terza fatica discografica esca sia su CD (marchiato come sempre Fooltribe) che – graditissima novità – su vinile, grazie alla collaborazione di altre quattro etichette indipendenti, vale a dire Madcap Collective, Here I Stay, Boring Machines e Smartz. Una doppia veste che, specie per quanto riguarda il supporto vinilico, nobilita ulteriormente una proposta musicale che, se da un lato non presenta chissà quali rivoluzioni per quanti già ne conoscono i capitoli precedenti, dall’altro si conferma di spessore e intensità notevoli. Di suo Tiziano ci mette la chitarra acustica, una voce fragile ma proprio per questo in grado di lasciare solchi profondi e una capacità rara di scrivere canzoni semplici e scintillanti, alcuni amici musicisti (tra gli altri, membri di Milaus, Comaneci e Three In One Gentleman Suit) danno una mano qua e là, e il risultato sono dieci perle di un cantautorato intimistico dolce e intenso allo stesso tempo, talvolta non troppo distante dal pop e sempre di una sincerità e di una onestà disarmanti. Un nuovo piccolo ma prezioso gioiello nella discografia dell’artista emiliano, barbuto ma tutt’altro che barboso.» (Aurelio Pasini)
Paesituoi
«Avvolgente. E' il primo aggettivo che mi viene in mente per descrivere questo disco. L'emiliano Tiziano "Tizio" Sgarbi, alias Bob Corn, è riuscito nell'impresa più difficile e cioè far rendere delle idee semplici. Il cantautore che, tra le altre cose, sta dietro la gloriosa Fooltribe, ha confezionato un disco soffice come quella coperta che ti si materializza addosso dopo le prime note. Una chitarra acustica e una voce che rimanda a Will Oldham e ai Built to Spill più intimisti, creano come per magia dieci piccoli episodi che definire struggenti è riduttivo. Aiutato da alcuni amici (membri di Milaus, Comaneci e Three Gentleman Suit) Tizio si muove agilmente fra Palace ( "Come to Me"), richiami al Paisley Underground ("The hottes autumn ever", "Reds beetween Blacks") e paesaggi alla Akron/Family ( la conclusiva "Wearing wings"). Qua e la' affiorano coloratissimi interventi di xilofono, archi o slide guitar e rendono il lavoro evocativo in tutte le sue parti. Un pezzo per tutti: "Peace in the storm". Sembra nato apposta per scaldare l'anima, con quel pedale di armonium che ti indica la strada di casa. Tennessee?! Arizona?! Paris, Texas, forse. Avvolgente, dicevo.» (Fabio)
Rockit
«Ho iniziato a credere che Bob Corn fosse un genio quando ho sentito la sua cover dei Belle & Sebastian. Suonata da lui diventa essenziale. Scheletrica. L'arte di riassumere tutto in pochi accordi. Fa freddo. Piove. Sono su un pullman. Il primo dopo tanti non funzionanti o fuori servizio. Milano sembra disabitata. L'inizio di "We don't need the outside" è come tutti gli inizi: una coppia. Tizio e Ahlie. Raccontano storie. Persone che si incontrano, che si piacciono. Piccoli paesi sconosciuti. Case. Candele. Nebbie da lasciare fuori dalla porta. Le paure si allontanano. Comincio ad immaginare. Seguo la musica. Mi si riempie la testa di nomi: Johnny Cash, Devendra Banhart, The Mountain Goats, Sodastream, Papa M. Ma pian piano se ne vanno tutti. Restano solo canzoni belle. Avanzo poco, fino al primo capolinea, l'autobus si ferma e si spegne. Si riaprono le porte. Entra il freddo. Entrano due marocchini che litigano forte, coprono la musica. Quando parte "The hottest autumn ever", però, mi guardano e abbassano la voce. "Rose in my past" e restano zitti. Come se l'arrivo di un angelo li avesse stupiti. Io mi addormento e sogno una torta calda e mio padre che mi dice "good night" (come a fine disco). Poi inizia "Reds between blacks". Due soli contro il mondo. Noi siamo due rossi, loro sono tutti neri. Il mio pullman si rimette in moto. Le gocce sul vetro iniziano a tremare. Le gocce c'erano già prima che salissi? C'erano già queste canzoni prima che io nascessi? E' come se le conoscessi da sempre. Come se mio padre me l'avesse cantate quando voleva farmi addormentare. Ed è strano: mio padre non sa l'inglese e non conosce il folk. Poco importa. Davvero. Il più è che qualcuno – prima o poi - me l'abbia cantate. Trasmettono una calma sorprendente. Un caldo. Meglio di Sam Cooke. Continuo ad ascoltare. Mi avvicino a casa. Davanti al portone mi dice nuovamente "good night". Non posso addormentarmi adesso. Rimetto "My sweet, we're bright". Nevica. Piango. Nevico. Arrivo in casa, c'è una torta calda e mio padre con una chitarra in mano. Sorride. "Thanks for fire on my heart" gli dico io. Lui capisce. E' un disco bellissimo. Essenziale. Che vi riempirà la testa e poi se ne andrà. Come un padre. Vi terrà al caldo. Vi farà vivere altrove. Vi farà bene. Tenetelo tra le cose più care.» (Sandro Giorello)
Rockon
«Mettete una fredda sera d’inverno, particolarmente uggiosa, nella quale avete bisogno solo di voi stessi per avvolgervi nei vostri pensieri, nei vostri sentimenti e nelle vostre malinconie, mettetevi davanti al caminetto ed inserite questo cd nel lettore a volume medio. Quindi lasciatevi trascinare dallo splendido canto di Tiziano “Tizio” Sgarbi, in arte Bob Corn, e dopo poco più di mezz’ora o avrete l’esigenza di premere nuovamente play sul lettore o vi ritroverete a piangere semplicemente per la bellezza della vita e quindi di tutta la sua sfera emotiva. Pochi, in oltre vent’anni di ascolti musicali, sono stati in grado di suscitare nel vostro scribacchino sensazioni ed immagini di questo tipo. Bob Corn c’è riuscito, con l’essenzialità della sua struggente voce, con una chitarra acustica e l’aiuto di alcuni amici (provenienti da Milaus, Comaneci e Three Gentleman Suit). Queste dieci soffici ballate, sono dieci piccole, ma preziosissime, perle nelle quali il nostro si dedica con tutto se stesso, con una voce che a tratti ha il potenziale struggente dell’ultimissimo e quindi più attaccato alla vita Johnny Cash (“With you” e “Everything but nothing”), mentre si fa evocativa e vellutata in “Peace in the storm” e la profondità delle ballate country di Steve Earle o di Neil Young la troviamo in “My sweet, we’re bright”. Parlare di folk per questo cd, scusate ma mi sembra azzardato, preferirei piuttosto di parlare di purissima arte, perché la musica diventa arte quando ti colpisce nel profondo, nella vita, come queste fantastiche dieci canzoni, che ti accompagnano nelle tue struggenti e necessarie malinconie, permettendoti di riavvolgerti in te stesso.» ()
Sands zine
«Cos'ha di speciale Tiziano Sgarbi (in arte Bob Corn)? Facile a dirsi: scrive delle gran belle canzoni (*). Perché dedicargli un top su sands-zine? Difficile a spiegarsi: ci proverò nella consapevolezza che, ancor più dei nostri lettori, rischio di non accontentare me stesso. La scrittura di Bob Corn non può certo definirsi innovativa e neppure particolare, in quanto è facile scorgervi quel modello folk-cantautorale ormai classicizzato che da Bob Dylan porta a Will Oldham passando per Leonard Cohen. La voce pare spesso ‘rotta’ e si produce in suggestive tonalità che fanno pensare ad un Matt Jones più rauco. Quindi, pensando al disco come ad un oggetto asettico e fine a se stesso, non è affatto il caso di gridare ‘al miracolo’. Ma non sempre si può valutare un disco con un simile criterio, e si da il caso che “We Don’t Need The Outside” è una di quelle realizzazioni che vanno inserite in un contesto più ampio. Non si può scriverne senza scrivere dell’uomo, dell’idealista che anima le scena indipendente italiana attraverso l’organizzazione di concerti o attraverso la piccola etichetta Fooltribe. Così come è impossibile non considerare che i suoi dischi sono totalmente esenti da copyright. Sì!, Bob Corn rappresenta tutti quei valori (fondamentali) sui quali credo da sempre e sui quali si basa l’esistenza stessa di sands-zine. D’altronde le numerose collaborazioni raccolte per questo lavoro, provenienti da Elektrolochmann, Three In One Gentleman Suit, Comaneci, Milaus, Musica da Cucina e Sex OffenderS Seek SalvatiOn, e le altrettanto numerose etichette indipendenti che hanno contribuito a pubblicare la versione in vinile misurano con una certa precisione la temperatura al rispetto di cui gode lo Sgarbi nel (ormai non tanto) piccolo circuito del nu-folk made in italy. In un momento in cui si tende a strafare, e arrangiamenti semplicemente volgari vengono fatti passare per visionari, questo disco si attiene, a dispetto delle numerose presenze, ad una semplicità e ad una essenzialità esemplari. Mai c'è uno scarabocchio di suono in più del necessario e mai vengono ricercate soluzioni pretenziose e/o pretestuose. E i collaboratori, che come ‘presenze’ preziose infestano il disco, contribuiscono non poco alla sua riuscita trasfondendoci dentro un’ombra di malata magia psichedelica e impercettibili iniezioni di contemporaneità. Ma c’è dell’altro. Qualcosa che va al di là della bellezza delle canzoni e di quello che è un lavoro particolarmente inspirato, qualcosa che a che fare con la sincerità dell'uomo che tali canzoni ci propone. Qualche anno fa avrei forse scritto: comprate questo disco ma prima ancora comprate "The Freweelin' Bob Dylan". Oggi scrivo: comprate questo disco e di comprare i dischi di Bob Dylan potete farne anche a meno. (*) Le 10 canzoni sono tutte sue, ad eccezione di Cold and gold che è cofirmata da Ahlie Schaubel e With you che è di Majirelle.» ()
Storia della musica
«Una chitarra, degli amici e un un fuoco per scaldare l’anima. Canzoni sull’amore. Premesse banali per un disco che invece nasconde delle scintillanti gemme. La chitarra è di Bob Corn, arpeggiata o gentilmente grattata, gli amici prestano alcune voci e tutti gli altri suoni che si possono sentire, dagli accenni di batteria ai fiati, a colorare degli scheletri di canzoni sull’amore, storie personali, non idealizzate, diverse da quelle che vanno bene per tutti e quindi per nessuno. É tutto in tono minore e contenuto ma per questo più reale, vorresti essere davanti al caminetto con un the ad ascoltare queste canzoni. La chitarra è suonata in maniera originale, ritmica, con pieni e vuoti, e molte pause; quasi un approccio pre war, dove la chitarra è un mezzo per narrare. Legno e metallo. La scrittura è buona, senza cadute di stile e con qualche punta di eccellenza da mettere nell’agenda delle citazioni da ricordare. Per esempio una frase definitiva come “I’ve nothing to lose cause I’ve nothing to win, but now I wear my wings and I’ll flight straight to you” contenuta nella canzone di chiusura che finisce con goodnight; un epilogo in grande stile. Gli stati d’animo che si accavallano sono tutti sommessi, ed è la serenità a dominare. Una candela scossa dal vento che continua a bruciare.» (Riccardo Bertan)
Vitaminic
«Ci sono dischi che hanno incise tra le note delle foto, dei colori e delle luci ben precise. Quasi come se schiacchiando play si materializzassero dalle casse dello stereo e si stendessero nell’aria creando dei piccoli corti animati e musicati. Si può distinguere distintamente una campagna e un prato, un sole che tramonta lento. Il cielo arrossato dal crepuscolo e i fiori richiudersi piano nel silenzio. È Bob Corn. Ancora una volta il cantautore emiliano snocciola dalle sue tasche dei piccoli gioiellini folk e li confeziona in quello che è il suo terzo lavoro per l’etichetta Fooltribe, We Don’t Need The Outside. Un lavoro che supera i precedenti per compattezza e coesione, per la minuziosità compositiva e insieme per la disarmante genuinità. Perché capita raramente di poter ascoltare un disco altrettanto limpido nelle intenzioni e nelle atmosfere, di una purezza che riflette uno stile di vita forse dimenticato. Bob Corn scava in fondo alle radici di una quotidianità tradizionale, quella dei momenti vuoti e sereni, della tranquillità fatta di cose semplici come guardare il cielo e notare che fa più caldo, che forse è il più caldo autunno di sempre. È un racconto intimo attraverso testi che toccano a volte un lirismo particolare e profumato, delicato nei termini e suggestivo nelle immagini. È un racconto con una chitarra pizzicata timidamente e un glockenspiel che la accompagna, qualche percussione di fondo a colorire il tutto. Niente di sperimentale o ricercato, solo pacatezza casalinga e sapori buoni. Perchè Tizio ha una voce onesta. Non bellissima ma onesta, che sa il fatto suo, che offre ciò che puo ed è apprezzabilissima per questo. Però quando incontra quella vellutata di Francesca Amati (già voce di Comaneci ed Amycanbe), non c’è niente da fare. Ne esce fuori qualcosa di incredibilmente godurioso, come una carezza sulla nuca di quelle che fanno venire il brivido di piacere. Succede allora che con la pelle d’oca ci si rende conto che questo disco brilla, che è scritto bene. Che è sincero come il vino buono, ha gusto e non fa male."» (Nur Al Habash)