Smartz Records
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Smartz releases
X-Mary - A tavola con il principe - CD
X-Mary - A tavola con il principe
Assolutamente matti, e chi li ha visti dal vivo sa di cosa parlo. Ristampa del loro secondo cd: IL disco del 2007.
Crazy italians. Reprint of their 2nd album, THE 2007 one, maybe their best one.
Tracklist:

01. Avellino Soundcheck
02. Zucca
03. Al mercato
04. Countrygrind
05. Cristiano Cristiana
06. Mare Spera
07. Ospedale Maggiore
08. Koko B. Ware
09. Papa Voitila
10. Il primo giorno con Luca
11. Son più bella io o sei più bella tu? (versione lunga)
12. Rock duro
13. (Voglio andare in Arghenta con) Massimo
14. Kiss Me Kiss Me Kiss Me Kiss Me Kiss Me
15. Venti secondi sopra Tricase
16. Carolina
17. Negrogrind
18. Le tre bellezze della vita
19. Diurex
20. Tamara Punk Rock
21. Dal Parrucchiere
22. Donnez-moi une cigarette
23. Il mio ragazzo è pieno
24. Giambattista Vico
Released by Smartz, Wallace, Basura, Be Here, Donnabavosa, I Dischi di Plastica, Escape from Today, Marinaio Gaio, Rebel Kid, Tafuzzy.
SM040 - CD 2008 - SOLD OUT

Reviews

Asphalto
«Apprendo solo pochi giorni fa, via filosofo (che quando non si pasce nell'insensatezza in NK è anche un recensore professionista) dell'uscita di questo corposo cd suonato da un gagliardo gruppo di lodigiani, a me affini se non altro per età anagrafica. Sin dal nome potrebbero evocare stilemi propri d'un hi-NRG-ismo o di un yo yo gimme gimme da evitare accuratamente, per tacere di quei gruppi che ancora, pur essendo passata da mo' la moda, si ostinano a definirsi emo. Invece fanno un genere indefinibile crasi di rock (a tratti un po' troppo padano, ma sempre con quei segni più nordici e brumosi), timidi exploit punk, naiveté che non diventa mai demenzialume, insomma un retroterra musicale di quelli che ogni due minuti ti fanno esclamare cose come -ehi ma dove ho già sentito questo giro-, senza che però tu riesca a ricordarti di preciso dove. Energici quando occorre ma anche dotati di impensabili squarci di melodia che si immaginano prodromi di cori inarrestabili durante i live, i signori hanno confezionato il loro primo albo a pieno minutaggio, che già dalla premessa in retrocopertina ("questo disco è dedicato al pane") solletica la curiosità di quei tanti che, come me, ritengono la panificazione uno dei gesti più memorabili e necessari della vita umana. Intelligenti nel dribblare le pericolose secche del demenzialismo da cartoon-rock, quando non dell' elio-copia, i giovani in questione si connotano comunque per la presenza di alcuni topoi parascolastici abbastanza irresistibili: quasi come se i Ramones avessero incestuosamente copulato con i Beehive. Il disco si impone per la presenza di alcune tracce autenticamente strappone e coinvolgenti, tutte peraltro mai sopra i tre minuti di durata, tra le quali mi permetto di segnalare: -05 - "cristiano cristiana", una delle cose più furbe che abbia mai ascoltato sul tema dei transgender; -06 - "mare spera", perchè se la sentissi passare su Radio Subasio non mi stupirei; -07 - "ospedale maggiore", frutto forse degli effetti blandamente allucinogeni di un anestetico locale somministrato per un intervento di chirurgia ordinaria; -08 - "koko b ware", solo per il titolo; -09 - "papa voitila", già citata in radio, un anthem da papaboy sotto speed; -18 - "le tre bellezze della vita", perchè racchiude in se il delirio, la self-assuredness e la paura tipiche del consumatore di bamba; -24 - "giambattista vico", perchè ci vuole coraggio a dedicare un funk ad un filosofo minore.» ()
Blow Up, marzo 2007
«[...] Tutto torna magneticamente a convergere nella Bassa, ventre molle capace di Exploit: se ne fanno bandiera i lodigiani X-MAry, cavalieri dell'evasione scanzonata incapaci di stare seduti, al punto che la foto di classe - pura - viene sempre mossa. "A tavola con il principe" conta ventiquattro tracce spropositate, una la negazione dell'altra, con autentici capolavori gastrici quali Le tre bellezze della vita (che sono "il bue, l'asinello e Fabio Blesio") e Zucca: provate a far stare fermi nella batucada i piedi di Dio. Non c'è meandro musicale che non sia esplorato dai quattro, al punto di dubitare se sia meglio una futura soluzione all'intrico o la continuità nel raggio d'azione generalitsa, che già sappiamo essere veicolo di verità tra le righe.» (Enrico Veronese)
Blow Up, ottobre 2006
«Sembrano quei matti legati con la camicia di forza che mollano capocciate sulle quattro pareti della stanza imbottita (ma non troppo) in cui sono stati rinchuisi, probabilmente all'Ospedale Maggiore di Lodi di cui cantano su questo Cd. Non sanno più a quale santo votarsi. A quello del noise (Negrogrind)? Del funk (Giambattista Vico)? Del cantautorato italico (Mare Spera)? Del punk (Son più bella io o sei più bella tu)? Del demenziale (Diurex)? Alla fine, dal calderone sbuca fuori una mezz'ora abbondante di autentico, liberatorio divertimento di cui rendiamo loro grazie. Registrato con la consueta perizia dal "magister" Magistrali, l'album è infestato di memorie infantili da scuola elementare, calembour da blocco intestinale e commedie degli equivoci sull'identità sessuale. Non credo siano tipi facilmente gestibili, comunque il mio consiglio è di sfrondare le ingombranti eredità di "kinotti" e "sbarbine", evitare di abbandonarsi agli entusiasmi da sagra paesana col tasso etilico sballato e iniziare davvero a calcare la mano. Sono già bravi, potrebbero diventarlo ancora di più. (7)» (Massimiliano Busti)
Esseri Rock
«Con qualche mese di ritardo rispetto alla data ufficiale di uscita dell'ennesimo lavoro degli X-Mary, riesco a recensirne questo folle concentrato di idee, sfoghi e divertimento. Dopo anni di attività e di continue registrazioni, gli X-Mary hanno realizzato un Cd fatto come si deve, curato nei minimi dettagli, dall'artwork (bellissimo) alla registrazione (ottima) affidata alle mani esperte di "Gagisto" Magistrali. Tutto quanto è ovviamente in pieno stile X-Mary, con quella genuinità/genialità che li distingue... in questo senso sono veramente unici e inimitabili! Un esempio? Aprendo il Cd si trova la scritta "Questo disco è dedicato al pane"! Poi basta leggere i titoli delle canzoni o ascoltare parte dei testi per capire che alla base di tutto c'è solo istinto, voglia di esprimersi e divertirsti. E loro si divertono di brutto! In tutto questo, se dovessi usare una sola parola per descriverli userei "AUTENTICI"! Le 24 tracce di questo Cd sono divise in 4 portate: "antipasti", "primi piatti", "secondi piatti" e "dessert", e in questa grande abbuffata è contenuta la maggior parte dei pezzi migliori degli X-Mary come "Zucca" (gira voce che ai concerti con questa canzone si sono visti anche i metallari più incazzati fare il trenino!); "Cristiano Cristiana" (gay); la mitica "Ospedale maggiore" che ormai cantano tutti; la spacca schiena "Koko B Ware"; la mitica "Papa Voitila", la malinconica "Il primo giorno con Luca"; "Son più bella io o sei più bella tu?"; "Kiss Me Kiss Me..."; "Carolina"; poi la mia preferita, con tanto di flauto, anzi di... piffero: "Le tre bellezze della vita" (drugadi!); "Diurex"; "Tamara Punk Rock"; "Dal parrucchiere"; "Il mio ragazzo è pieno"; "Giambattista Vico"... cazzo le ho dette quasi tutte! Il fatto è che sono tutte diverse tra loro (da una traccia all'altra si passa dal punk rock alla samba) ma sono tutte una più bella dell'altra, quindi se non avete ancora in casa uno dei tanti cd degli X-Mary, regalatevi questa vera perla per Natale, non ve ne pentirete! Io vi consiglio anche di andare a vederli dal vivo perché i concerti degli X-Mary sono indescrivibili! Grandi» (Jean)
Il Tirreno
«Sono pazzi, questi X-Mary? La domanda sorge spontanea già dopo la seconda traccia, una “Zucca” dalle movenze brasileire, ma pure con “Countrygrind”, che è, appunto, una sferragliante country-song. Ingredienti: una voce a metà tra Alberto Fortis e Frank Black (ma più cattiva) impegnata in liriche per lo più ironiche e deliranti (“Cristiano Cristiana” sul cambio di sesso, i dolori di un paziente dell’”Ospedale Maggiore” e il lottatore in tanga di “Koko B Ware”), ma pure caustiche (le nevrosi femminili di “Son più bella io o sei più bella tu?”, con stacchetto reggae), mentre la musica corre da un estremo all’altro (dal pop al punk, fino alla presa in giro zorniana di “Negrogrind”, il taglio lounge del “Parrucchiere” arricchito e il funky di “Giambattista Vico”), in una sorta di catarsi demenziale con ritornelli killer e durata media delle canzoni intorno al minuto e mezzo. Diviso in quattro portate - antipasto, primo, secondo e dessert -, “A tavola con il Principe” è il disco più gustoso uscito nel 2006. Vale la pena provare a dargli fiducia.» (Guido Siliotto)
Indiepop
«Sciolto l'affannoso scilinguagnolo sulle ingrassate trecce e bypassato il ruolo della morale per via dei commensali (del commensale altolocato e scafato assai), rutto libero, pubblico avvezzo, perché non approfittare della gioventù, della verve, d'una certa bughitudine in the air, d'una cospicua cultura musicale che fa capolino fra le storpiature dei titoli delle canzoni o fra le piaghe dei pezzi? Loro si dichiarano scemi ma non lo sono, al limite un po' nostalgici (fanno iniziare un sacco di pezzi con "da quando.."). In un'epoca in cui per citare Frank'n'Wurstel anche sorridere fa doler le labbra gli X-Mary sembrano divertirsi un fracco, suonando ora come degli Skiantos più elusivi, ora come dei Santarita Sakkascia senza turpiloquio e sciattezza, ora come mille altre cose non italiane e non demenziali. Dicemmo già della sfolgorante "Cristiano Cristiana" dal jangle chitarristico fulminante e melodia vischiosissima che vinse meritatamente il nostro minitrofeo d'indiepopup: anche incastonata lì al quinto posto su 24 fa sempre la sua porca figura. Non sapevamo ancora che questi ragazzi sarebbero stati in grado di tenerci vivi per tentasette minuti d'ascolto, mescolando il mescolabile e cambiandosi il mutandis. Punk, hardcore, blues elettrico, pop, pixismi, psichedelismi, Nosei-noise, blacksabbatismi, zornismi, funk, grind (negro e country) -- ok, sanno suonare. E hanno ascoltato tanto. Uno di loro ha persino tradotto per Fazi un libro che parla di tedeschi flippati scritto da un importante gallese flippatissimo. Diciamo però che la loro ambizione fondamentale è saper confezionare inni. Ciò che me lo fa affermare senza tentennamenti è la totale cialtroneria dei testi e la presa rapida delle melodie. Se occupassimo le radio occupate e rovesciassimo il trend nel gabinetto basterebbe passare un paio di volte oltre la già citata "Cristiano Cristiana", "Mare spera" o "Papa Voitila" o ancora "Zucca" per conquistare il mondo. Forse non era intenzione dei ragazzi costruire un disco perfetto, senza cali di tensione, senza divagazioni, senza personalità. Questo è come un romanzo tardo d'Henry Miller, un disco-minestrone senza shit detector, su cui ogni tanto svetta la canzone sventratempie e poi i cazzeggi furiosi e compulsivi. E poi le canzoni intime (la deliziosa "Il primo giorno con Luca") i ritornelli strampalati e senza senso (e quindi quintessenzialmente rock): Giovambattista Vico tu sei un fico. Credo che se lavorassero un po' di concentrazione, facendo confluire in dieci pezzi lungamente strutturati la loro sgangherata genialità gli X-Mary sarebbero a mani basse la più grande rock band italiana. Se questo è il loro Quick one, io attendo fiducioso il Prossimo.» (Alessandro Calzavara)
Kathodik
«Gli X-Mary sono uno stralunato combo composto da Cristiano (voce), Luca (chitarra), Mattia (batteria) e Luca (basso) che suona una miscela di punk-hardcore e pop "made in Italy", con qualche scorribanda in territori funky, latin e jazz, il tutto in chiave demenziale. L’apertura di questo "A Tavola Con Il Principe", che segue di due anni l’esordio di "Day Hospital", è affidata ai 45 secondi di pura adrenalina punk (marca ’77) di Avellino Soundcheck, cui seguono la demenza di Zucca, un ballabile latin storpiato come solo un gruppo di isterici potrebbe, la swingante Al Mercato e Countrygrind, che alterna un arpeggio country-folk a brutali sfuriate metal. In Cristiano Cristiana fanno capolino persino gli Smiths, riveduti e corretti alla luce della demenzialità degli Skiantos (il testo parla di un viaggio a Casablanca per un cambio di sesso…), mentre Mare Spera è imperniata su un riff funky. Ospedale Maggiore è una ballad pop con coretti demenziali e chitarrina schizofrenica; Son più bella io o sei più bella tu?, invece, alterna punk e reggae. L’enfasi amorosa parodistica di Massimo (una presa in giro della ballatona alla Vasco Rossi), precede le durezze marziali di Kiss Me Kiss Me Kiss Me Kiss Me Kiss Me e la nevrosi di Venti secondi sopra Tricase, due hardcore a rotta di collo. Negrogrind è spettrale e schizofrenica, con i suoi innesti di sax psicopatico ed il suo incedere minaccioso che culmina poi in un finale urlato e rumoristico - il tutto concentrato in poco più di un minuto e venti secondi. Le Tre Bellezze Della Vita, nonostante il suo appeal da Zecchino d’oro per famiglie disfunzionali, è deboluccia: la salva l’idea del solo folk di flauto. Della trascinante Tamara Punk Rock sarebbero fieri i Ramones; Dal Parrucchiere è la bossa nova degli idioti, mentre Donnez-moi Une Cigarette parodia le marcette militari e l’ottimismo dei politicanti che si riempiono la bocca con la parola "pace". Il Mio Ragazzo E’ Pieno e Giambattista Vico chiudono il disco all’insegna del funk. Autoprodotto su etichetta LMC, con l’aiuto di Full Blast, Be Here Records, K Collective e Rebel Kid Music, "A Tavola Con Il Principe" è una raccolta interessante, divertente, ricca di idee: l’unica cosa che si può rimproverare ai quattro componenti degli X-Mary è la superficialità di alcuni momenti, in cui la carica demenziale sembra essere francamente eccessiva e finisce con l’irritare l’ascoltatore. Apprezzabile, però, l’intento di non emulare i mirabili pastiche sonori dei Fantomas (anche perché tener testa a un genio come Patton sarebbe stato impossibile) e cimentarsi con una scrittura in cui "ogni canzone fa genere a sé": ciò denota, se non altro, l’intenzione di non rivolgersi a "facili" appigli e sguinzagliare la fantasia alla ricerca di nuove alchimie. Bravi.» (Marco Loprete)
Komakino
«Specificano di non essere un gruppo demenziale, ma che sono proprio scemi. E potrebbe anche essere così, ma ci mettono gusto. 24 tracce, sorta di best-of dei loro demo dal 95 al 2002 che fanno calderone di punkrock e pop, bossanova, marcette, funky, grind, grunge, reggae, - c'è di tutto un rock, - un ruffiano occhietto continuo ai palchi delle varie feste della birra, dei centri sociali, e primomaggio a pza san giovanni a roma, dove sicuramente qualche adolescente che si è perso i Prozac+ 5-10 anni fa si esalterebbe. Gli Xmary sanno suonare comunque, hanno testi da storie di banchi di scuola media, possono anche divertire quando sfottono al meglio il disagio del ggiovane, la sessualità, il papa, la droga, i generi musicali e tutto il resto, - sinceramente uno slabbrato fenomeno da sagra paesana.» (Paolo Miceli)
La scena
«Poco si può dire di questo disco degli X-Mary se non che sia poco convincente, nella forma e nella sostanza. In tutto il disco, composto da un’abnorme quantità di composizioni (quasi tutte di all’incirca 1:30\2 minuti), la band di San Colombano al Lambro non riesce assolutamente a trovare un minimo di ispirazione, salvo qua e là in qualche composizione abbastanza demenziale (Rock Duro su tutte le altre), dove si riesce perlomeno a sorridere. Nonostante l’ammirevole buona volontà palesata nell'assemblamento melodico, rispecchiata anche dalla molteplicità degli stili utilizzati - dal power pop al jazzcore passando per la musica leggera - la scontatezza delle composizioni rimane tale da destabilizzare il povero ascoltatore. Di poco conforto sono l'evidente ironia (e autoironia) che caratterizza il lavoro e i prestigiosi riferimenti a personcine leggendarie come i Wire o i Nofx. Poco si può dire, dicevo, e poco ho detto. Non sempre i calderoni musicali riescono col buco!» (Matteo Merlini)
Mucchio Selvaggio
«Secondo album vero e proprio dei lodigiani X-Mary, dopo una lunga storia sotterranea a base di CD-R e cassette, “A tavola con il principe” racchiude oltre venti canzoni in poco più di mezz’ora: piccoli quadretti di assurdo quotidiano che si manifestano attraverso un eclettismo lo-fi che tocca di volta in volta punk, funk, folk, bossa e cantautorato sbilenco. Lasciate da parti le definizioni, una raccolta di momenti divertenti e trovate geniali, lettere da un mondo parallelo dove Stephen Malkmus e Freak Antoni convivono alla grande (“Ospedale Maggiore”), gli Os Mutantes inneggiano a Giambattista Vico dalle pagine di un libro delle superiori (“Giambattista Vico”) e dove i Ramones ricevono in regalo uno splendido omaggio, appropriatamente idiota e in perfetto stile “gabba gabba hey”, “Tamara Punk Rock” (“Ha il giubbotto dei Ramones / e indossa le espadrillas / lei è Tamara / e non capisce un cazzo”). E ci sono pure ipotesi inquietanti di rock parrocchiale (“Papa Voitila”), improbabili vicende di cambio di sesso (“Cristiano Cristiana”), parate medievali trasfigurate in metafore deliranti sull’Unione Europea (“Donnez-moi une cigarette”). Una follia organizzata ma non troppo, fissata su supporto da un divertito – immaginiamo – Fabio Magistrali, senza forzature e aggiustamenti in corso. Difficile dire se faranno proseliti, gli X-Mary, quel che è certo è che ci siamo innamorati del loro cabaret anarchico fin dalla prima nota.» (Alessandro Besselva Alverame)
Ondarock
«Quell'irresistibile voglia di regressione. Per quanto ne so gli X-Mary sono dei trentenni che si divertono a fare sfoggio della migliore immaturità ascoltata di recente. Perché mai regredire al puttanierismo e alla spocchia del ventenne universitario, mucciniano more, quando si ha a disposizione un patrimonio umano come la frequentazione delle scuole medie a cavallo tra 80 e 90? Chiariamo una cosa subito: pur avendo scritto una canzone inneggiante a Koko B Ware (si, proprio lui, il più trashoso wrestler pappagallato degli anni 80) e Dio li abbia in gloria per questo, gli X-Mary non sono riducibili a degli Offlaga Disco Pax privati del fardello ideologico. Il gruppo si forma estemporaneamente nel 1995 in provincia di Milano* (dove tuttora i componenti risiedono) e comincia a “fare sul serio” nel 2002, dandosi un’organizzazione interna degna di tal nome. Il disco d’esordio, su personale marchio LMC, si chiama “Day Hospital” e vede la luce nel 2004. Oggi siamo all’atto secondo con un’opera che fin dal curatissimo e geniale artwork appare una sorta di concept intitolato “A Tavola Con Il Principe”. Già dedicare un disco “al pane” la dice lunga sullo spirito che anima il gruppo e che è presumibilmente lontano anni luce da ogni genere di cavillosità, tanto che anche interpretare banalmente la cosa come “poetica delle cose semplici”, significherebbe già sofisticare troppo l’immaginario e gli intenti musicali del quartetto. Ci troviamo di fronte a uno dei più completi calderoni di riduzionismi pop ascoltati di recente (24 brani in 37 minuti), peraltro benissimo suonato e registrato, tanto vario negli stili da rimandare quasi ai Minutemen di “Double Nickels On The Dime”, con uno spirito ben più giullaresco e meno sperimentale che approda in una terra di nessuno al confine tra gli Half Japanese più orecchiabili e i Nofx (!), solo cantati in italiano. C’è anche chi ha parlato di indecente copula tra John Zorn e i Beehive (!!!) senza allontanarsi nemmeno molto dalla realtà. E se del poliedrico sassofonista e compositore newyorkese c'è in effetti molto poco su queste tracce, il continuo riferimento a primi giorni di scuola, acerbe prurigini sessuali, maestre e compagni di banco fa capire che l'anima lirica del disco è realmente figlia dei peggiori incubi pop del decennio terribile degli yuppies allo zafferano. L’immaginario pre-adolescenziale evocato dai “testi improvvisati”, di rara naivitee, e dalla voce squillante e bambinesca di Cristiano è del tutto autentico, e si tratta di una vera manna per gli orfani del Max Pezzali delle origini. E' questa indubitabile sincerità di intenti, inoltre, a mantenere la band fuori pericolo dalle tentazioni demenziali tout court (in verità almeno "Diurex" si avvicina parecchio ai perniciosi GemBoy ma il brano è divertente e glielo si perdona volentieri). Musicalmente ce n’è davvero per tutti i gusti, e se a questo mondo ci fosse giustizia parecchie autentiche hit del disco dovrebbero fare piazza pulita di rivali al Festivalbar. Già, perchè da queste parti l'appiccicosità dei ritornelli e delle melodie regna sovrana, basta provare lo scattante punk-pop di "Cristiano Cristiana" che inaugura una serie di bozzetti dedicati alla (anche qui temiamo autentica) confusione sessuale del cantante. Ma i pezzi da 90 sono parecchi altri, a cominciare dal samba-hardcore di “Zucca” passando per l’indolente ballad rock di “Ospedale Maggiore” (testimone anche di un sanissimo e divertito attaccamento al territorio); ancora l'italo-pop da FM di "Mare spera", l'anthem dei Papa Boys di "Papa Voitila" con le chitarre rubate ai Creedence , il funk-rock muscolare di "Gianbattista Vico" (il cui ritornello "Gianbattista Vico / tu sei un fico" raggiunge vette di idiozia lirica raramente registrate e seriamente epocali) fino allo spassosissimo jingle jangle alla Rino Gaetano di "Le tre bellezze della vita" con un flauto del quale rendiamo grazie e sul cui testo non diciamo nulla per non rovinare la sorpresa. Tutto questo per tacere degli omaggi scoperti ai Black Flag delle origini (“Kiss Me Kiss Me Kiss Me Kiss Me Kiss Me”), ai Pere Ubu (citazione solo letterale in “Venti secondi sopra Tricase”), ai Prozac+ (!!!, "Son più bella io o sei più bella tu") e ai Ramones (“Tamara Punk Rock” che vale un mezzo trattato sociologico). In mezzo a queste piccole perle dall'impatto istantaneo c'è una miniera di minutaglie che esplorano marce militari, bossa nova, swing, grindcore e quant'altro. In teoria il punto debole del disco sarebbero proprio queste numerose parentesi tra i brani principali, ma di fatto l'album scorre via fresco e spensierato ch'è una meraviglia e per una volta i divertissement divertono davvero, durano poco e completano il quadro di quella piccola e delirante fetta di mondo della cui esistenza il disco è testimone. Le “canzoncine” degli X-Mary, abbastanza stupide da poter essere apprezzate dal peggior pubblico adolescenziale in circolazione e abbastanza intelligenti da non essere mai scopertamente “ruffiane”, ristabiliscono il primato del divertimento in musica. Punto. E scusate se è poco. * esattamente a San Colombano al Lambro, enclave meneghina in pieno territorio lodigiano.» (Federico Savini)
Rockit
«Ingredienti: 250g di indie rock. 4 cialtroni di buono spirito. 150g di farina da fiuto. 40g di melodie istantanee. 125g di eclettismo + 30g di citazionismo per l'amalgama. 120g di prurigine pre-adolescenziale. Ricetta: Imburra un dischetto di 10 cm di diametro. Preriscalda l’ascoltatore a 180° con un presunto concept sul cibo, che in realtà è stato svuotato con cura di qualsiasi significato. Taglia le prurigini adolescenziali a dadini e mettile nell'alcol. Fai sciogliere l’indie rock e l’eclettismo fino ad ottenere una crema dalla consistenza tra l’Elio ed il Bugo, ma dal sapore molto vivace ed accattivante. Separa i testi sui papa boys da quelli su Rio ed i trans. Conservali. Sbatti i 4 cialtroni in giro per l’Italia con 150g di farina da fiuto e aggiungili ai palchi più improbabili. Monta a neve i frutti degli sforzi precedenti, alla fine aggiungi 30g di citazionismo e incorporali delicatamente al preparato, facendo cadere durante la lavorazione tutti i dadini sott’alcol. Versa la farina rimanente a pioggia e mescola con 40g di melodie istantanee di ottima qualità, senza scorporare l’attitudine indie. Lascia riposare sotto una maturità stilistica leggermente umida e poi taglia in sottili brani da 1-2 minuti. Riempi una teglia, cospargi il tutto con i testi dementi ed infantili e fai cuocere a 90° per 37 minuti. Sforma caldo sul disco e ridici su. Il risultato ti stupirà per la sua bontà.» (Andrea La Placa)
Rocklab
«La tentazione è quella di non prenderli troppo sul serio bollandoli come i soliti burloni fuori tempo massimo, ma per fortuna alle tentazioni si resiste, almeno in qualche caso.Questi ci sanno fare per davvero, dannazione, e tapini noi a prendere sul serio i loro scherzi (o a scherzare sulle loro serissime faccende). Un detonatore da 24 microschegge (per 35 minuti e poco più) destinate a farsi ricordare per freschezza e varietà stilistica, nonostante la sempre precaria messa a fuoco e alcune epiche cadute di stile (un paio di episodi punk rock di quart’ordine e sortite grind da strapazzo). Massì, concediamoci il lusso di partire dal peggio per una volta e lasciamo che i distratti voltino pagina prima di incrociare lo sguardo con la triturante bossacore di “Zucca”, per non dire del Dalla sotto Mialin di “Ospedale Maggiore”e del medioevo miniato Branduardi swing di “Al Mercato”. Avrei dato più chance a Belpietro insignito del Pulitzer che a “Cristiano Cristiana” nel mio lettore, eppure, la canzone fa coppia con quelle due apparizioni très Skiantos di “Carolina” e “Mare Spera” per un trittico da sciopero del neurone. Intrattenimento garantito e libidine coi fiocchi, per citare Nietzsche; in un paese che quotidianamente si specchia nel grottesco come il nostro, queste cronache parossistiche sembrano più reali del reale, e per un Ruini che appende la tonaca al chiodo per diventare tour manager dei riformati U.D.C. di Ferretti, ecco un inno Offspring style da oratorio osannante “Papa Voitila”, preceduto e seguito da altri episodi splendidamente grotteschi; quest’insalata di generi decreta la morte per overdose del funk rock, dei Minutemen e dei Nirvana, di Camerini, Snorky e paninari. Lo spirito critico imporrebbe di contenere gli entusiasmi e concentrarsi su tutta una serie di pecche e difettucci, ma l’ascolto provoca un euforia tale da andare oltre qualunque discorso di forma. Bravi davvero e se solo sapranno limare qualche eccesso ne vedremo delle brutte; ma brutte da fare invidia.» (Michele Pinto)
Rockon
«“A Tavola con il Principe” è il secondo album degli X-Mary, gruppo di San Colombano al Lambro attivo da undici anni. Una strumentazione classica, una pianola, un flauto, una chitarra, percussioni rimbombanti, un basso, la voce. La loro ultima fatica, prodotta e mixata dal Fabio “Magister” Magistrali, ritrae, nel migliore dei modi, la leggerezza astratta dell'indie-rock italiano, la freschezza che snellisce, sminuisce, lo sperimentalismo spasmodico dell’underground contemporaneo. Ventiquattro tracce, trentasette minuti di musica pura, divertimento e tanto sudore. Loro, gli X-Mary, rappresentano la schizofrenia dei migliori Wire, intrecci sonori che sfociano nel sensazionale, stralunato, pop (quello veloce, quello che volgarmente potremmo definire “colto”, quello che rimane in testa, quello che non si dimentica facilmente) di “Le tre bellezze della vita”, “Mare Spera”, “Carolina”, nel post-punk di “Kiss Me Kiss Me Kiss Me Kiss Me Kiss Me Kiss Me”, “Son più bella io o sei più bella tu?”, nel noise dissonante di “Negrogrind”, nello swing di “Al mercato”, nella marcetta esplosiva di “Donnez-moi une cigarette”, nel lato “danzereccio” di “Zucca”, nel brevissimo “blues” di “Ospedale Maggiore”. “A Tavola con il Principe”, la naturale irriverenza degli X-Mary, l’ironia del quartetto lombardo (i testi, diretti, genuini), la semplicità compositiva, continuamente perfetta, essenziale, per niente sfarzosa, per niente mediocre. “A Tavola con il Principe”, la grandissima riconferma degli X-Mary, il piacere di poter ascoltare, tutto d’un fiato, quelle ventiquattro tracce presenti all’interno dell’album che, inspiegabilmente, scorre, rapidamente, fra le nostre dita. I brani, perfetti. Uno dei dischi più interessanti dell’anno, se non il più interessante nel panorama musicale italiano targato 2006. Chapeau.» (Francesco Diodati)
Rumore
«[...] Capita infine, ed è assai più raro, di esser sorpresi da progetti curiosi e indefinibili, come il quartetto lombardo X-MAry, che nel secondo Cd A Tavola con il Principe scodella energetici minestroni di avant-jazz zorniano, canzone post-demenziale, samba, hc punk, power pop e altro ancora. Dei veri Fuori di Zucca, da sentire per credere.» (Vittore Baroni)
Sands zine
«Non mi piacciono i Pixies. Si, lo so a cosa state pensando ed è esattamente quello che mi dicono tutti: non capisco un cazzo e altre cose del genere. Dico questo perché ascoltando le prime sette/otto tracce del disco d’esordio (almeno credo) degli X-Mary, i primi che mi vengono in mente sono proprio i Pixies (si ascolti per tutte ospedale maggiore). Con ciò ho fornito quindi una spiegazione alla sensazione, non molto piacevole, che ho avuto una volta giunto alla fine del cd. L’effetto straniante di una voce sopra le righe, con testi italiani per nulla intellettuali, su una base musicale pop-rock suonata, sì come si deve, ma con poca presa nei confronti di uno smaliziato ascoltatore. Fortuna però che ci sono anche i secondi e terzi ascolti (e via di seguito): il disco alla fine mi è piaciuto ed anche molto, conquistato, come lo sono stato, da canzoni veloci come schegge (ce ne sono ventiquattro in circa trentasette minuti), e gustose come le patatine (avete presente la pubblicità con il nostro Rocco Siffredi nazionale, ‘una tira l’altra’?), l’una con qualcosa di diverso rispetto alle altre (vuoi un ritmo funk come in Giambattista Vico o un passaggio reggae come in son più bella io o sei più bella tu? (versione integrale)), quasi sempre perfette (la bossanova-punk di zucca), con dei testi che si collocano perfettamente a metà strada tra l’ironico e il demenziale (Rino Gaetano non è lontanissimo, si ascolti come prova Carolina o Cristiano Cristiana) e una voce che è, in definitiva, l’unica possibile in un contesto di questo tipo. Sarà che provo un’innata simpatia per i cazzari, e che gli X-Mary si collocano tra i massimi esponenti del genere, ma non ho potuto fare a meno di amare canzoni come mare spera (un po’ più che vagamente i Porno For Pyros di Perry Farrell, anche nella voce), il grind-jazz di negrogrind, lo scanzonato andamento di le tre bellezze della vita, l’inno emo-rivoluzionario di donnez-moi une cigarette, la magnifica scheggia jazz-core di Koko b ware o la già citata Zucca. Che altro rimane da aggiungere? Forse che questo “A Tavola con il principe” è un concept (ma chi sa fino a che punto ci credono) sul pane ed è organizzato come il menù di un ristorante, e in questi periodi calza a pennello; produce inoltre Fabio Magistrali, più di una garanzia. I Pixies però continuano a non piacermi.» (Alfredo Rastelli)
Sentire ascoltare
«Gli X-Mary mi perdoneranno se prendo la loro sedicente scemenza parecchio sul serio. A me questo disco di 24 tracce per meno di quaranta minuti – secondo full-length dopo Day Ospital (Lmc Records, 2004) - non può non ricordare quel Double Nickels On The Dime che ha reso imperituri gli impenitenti Minutemen. Per la sferzante concisione, la festosa brutalità, il sistematico scompiglio delle coordinate. Attitudine punk che ha attraversato tutto lo spettro demenzialità compresa, e quindi rimastica se stessa con agro nonsense, dribblando il no future con la nostalghia più trash. Senza smettere con ciò di sembrare (anche) un campanello d'allarme tremendamente attuale: come interpretare altrimenti lo sberleffo pavementiano di Papa Voitila o lo svalvolamento Giorgio Canali di Donnez-moi une cigarette? Ok, non alziamo troppo l'asticella. Limitiamoci al disco. Che è dedicato, così per dire, al pane (vi sembra cosa da poco?). Una scaletta-banchetto in quattro fasi - antipasti, primi, secondi, dessert - di sei portate ciascuna, dove capita praticamente di tutto. Qualche esempio: Fortis che incontra gli La's in fregola Skiantos nell'inno transgender Cristiano, Cristiana; i Police coverizzati Malgioglio ne Il primo giorno con Luca; il summit tra Smiths, Violent Femmes e Concato per celebrare l'amor senile in Carolina; la sorniona cospirazione Lou Reed-Wayne Coyne tra coretti pseudo glam di Ospedale Maggiore; infine - lestbatnotlìst - un Rino Gaetano irresistibilmente funk nella conclusiva Giambattista Vico (che - tra liquami wah wah, tastiere acide, intrusioni di flauto e quella voce da Perry Farrell meneghino - verga più o meno il distico definitivo: "Giambattista Vico/tu sei un fico"). Inoltre, equivoci strattonamenti samba (Zucca), esilaranti pastorali folk-rock (Le tre bellezze della vita), suadenti pop-soul che con un pizzico di sanità mentale in più potrebbero ambire alla superclassifica (Mare Spera). Dimenticavo: brevi raffiche noise art punk hardcore a guarnire il tutto. Se questi quattro si mettono a fare sul serio, o esplodono in mille pezzi o fanno il culo a tutti. (7.4/10)» (Stefano Solventi)
Sodapop
«Potrebbero essere la risposta "rock-funk" ai Paolino Paperino, la dove "Fetta" era punk, gli X-Mary sono rock, anche se di quello fisico ma forse più easy listening allo stesso tempo. Se Luca "Abort" degli Ifix Tchen Tchen fosse ancora vivo e non avesse avuto trascorsi in band storiche del torinese (Nerorgasmo su tutti), sono sicuro che avrebbe sorriso a sentirsi questo concept sul cibo. Dei cretini integrali? O dei simpatici cazzoni? Beh, dura dirlo senza conoscerli, resta che il disco è ben suonato e quand'anche sembrasse più demenziale probabilmente è "dichiarato come la sette in buca ad angolo". Spero che nessuno si offenda se dico che per certi versi gli X-Mary ogni tanto non sono molto distanti dal singolo (quello con le "porno-infermiere" nel video) di Omar Pedrini, ma con una sostanziale differenza: gli X-Mary probabilmente ci fanno. Il disco è buffo,"stupidino", un po' ruvido come mix (anche se la produzione di questo gingillo è affidata a Magistrali); certo sarà anche cretino fin che volete ma divertente, anzi, non escludo di ascoltarlo mentre me ne vo' a Friggene insieme a "Mimmo ed alla sora Lella". Meno "radical chic" degli Offlaga Disco Pax, ma se un tempo c'erano i Wolfango, Bugo e gli Ifix a fare da contraltare stiloso ad Elio (e non a quelle cazzate di cover band dei cartoni animati), oggi ci sono questi lombardi. Dei coglioni totali? Oppure il coglione sono io che me lo chiedo? Comunque le tre bellezze della vita è uno dei migliori inni alla cocaina mai sentiti, anzi quasi quasi c'è da andare in bagno che mi cola il naso.» (Andrea Ferraris)